giovedì 14 marzo 2024

Scuola - mondo del lavoro: noi ne parlavamo 40 anni fa!

In questi anni si è tornato a parlare di riforma della scuola e di rapporti mondo della scuola -  mondo del lavoro.
L'argomento non è nuovo  e negli anni '80 a livello locale il preside Nicolangelo D'Adamo ne fece un suo cavallo di battaglia. Nel Quaderno n. 2  anno scolastico 1985-86 dell'Istituto Tecnico Commerciale Statale "Raffaele Mattioli" di San Salvo se ne parla ampiamente.
Così scriveva il preside D'Adamo nella presentazione del volumetto: "L'arrivo della circolare ministeriale n. 2681/C del 25/3/86 sulle iniziative di orientamento da attuare negli Istituti Secondari Superiori nei giorni 28/30 aprile 86, è stato accolto in questo Istituto con particolare favore perché
confermava l'opportunità delle numerose attività già svolte, o in programma per l'anno scolastico 1986/87, sullo specifico terreno dell'orientamento

scolastico/professionale che ci sembra un aspetto non trascurabile del vasto problema, oggi ampiamente dibattuto, relativo ai rapporti scuola-mondo del lavoro".  "I nostri corsi di aggiornamento riservati ai Docenti, in Azienda e in Istituto, e quelli riservati agli studenti delle classi terminali sul mercato del lavoro e i corsi universitari e parauniversitari hanno avuto come obiettivo unico una migliore comprensione della realtà extrascolastica e quindi l'appropriazione di una cultura adeguata a quelle che sono le esigenze di una società industriale moderna". E così continuava il preside D'Adamo: "Questo secondo numero del "Quaderno" si presenta suddiviso in due parti: la prima è annuario in senso stretto, la seconda è interamente dedicata al tema dei "Rapporti Scuola-Mondo del Lavoro" con interventi "esterni" molto opportuni per un approccio pluridirezionale".

Chi scrive fu chiamato - come uomo d'azienda SIV (prima della formazione e poi della comunicazione) - a scrivere un contributo per il volumetto. Era il 1986, ma rileggendolo sembra scritto oggi. Cosa abbiamo fatto in questi 40 anni? Ecco la testimonianza in versione integrale: 

IL PUNTO DI VISTA DEL MONDO DEL LAVORO 
SCUOLA E "PRODUZIONE" NON POSSONO CONTINUARE A IGNORARSI 
Nicola D'Adamo SIV, nel 1986,
quando ha scritto questo articolo


"Se hai la stoffa dell'imprenditore e un buon progetto in testa lo stato investe con te". È con questo slogan che il Ministero per gli Interventi Straordinari nel Mezzogiorno ha lanciato un provvedimento legislativo volto a favorire la imprenditorialità giovanile nel Centro-Sud.

Ma che tipo di formazione deve avere un giovane per rispondere ad un sì allettante appello? Quali sono le competenze richieste nel mondo del lavoro? 
Al di là del caso specifico del talento con la "stoffa dell'imprenditore", il mondo del lavoro - intendendo con questo non solo l'industria (il 33% degli occupati) ma anche le attività terziarie (56% degli occupati, CENSIS 1985) - richiede soprattutto giovani con base culturale sufficientemente ampia su cui innescare nuove professioni. Non richiede lo specialista: l'addestramento alla mansione avverrà sul campo
dopo l'assunzione.
Il giovane comunque da un lato dovrà essere predisposto all'aggiornamento continuo (le conoscenze di oggi possono non esser valide domani), dall'altro essere educato al "cambiamento" (per il rinnovamento delle tecnologie si potrebbe trovare, nel corso della vita, a dover cambiare completamente tipo di lavoro).
Inoltre il mondo produttivo chiede giovani che siano disponibili a lavorare in gruppo, a capire le esigenze degli altri, a far valere le proprie. In sostanza gente che apprezzi il significato e il peso della interdisciplinarietà e della complimentarietà delle competenze.
Chiede giovani che abbiano una personalità ricca di virtù civili come l'iniziativa e la laboriosità, e una mentalità plastica, flessibile, reattiva, aperta alla curiosità e alle suggestioni della fantasia e soprattutto alla "creatività".
È questo in grandi linee il profilo dei giovani richiesto dal mondo del lavoro.

La scuola può effettivamente dirsi orientata alla società e al mondo del 2000? 
Forse no. La tradizione "umanistica"la tiene lontana dalla "produzione". Da quel mondo cioè, riconosciamolo pure, che ha permesso di curarci, nutrirci, liberarci dalla fatica e dalla mortalità infantile, e soprattutto di istruirci e di informarci, da quel mondo insomma che ha anche creato le premesse per poter mantenere i figli allo studio fino all'età di 20-25 anni.
A sua volta la "produzione" vede l'istituzione scolastica come un organismo che difficilmente potrà seguire il suo vorticoso ritmo di sviluppo e la lascia abbandonata a se stessa non rendendosi conto che la cultura serve proprio per la crescita tecnologica del paese e che l'investimento "scuola" ritorna spesso sotto forma di invenzioni, organizzazione di idee, stimoli, conoscenze. (Il petrolio per esempio, mai considerato nel corso della storia, è diventato oro nero solo quando qualcuno, con un felice intuito, ha inventato un motore capace di trasformarlo in movimento).
Per preparare i giovani a questa cultura della "Sopravvivenza" bisogna che la scuola abbia frequenti interscambi con il mondo del lavoro e tenda a liberare energie creative volte a mantenere ed accrescere l'attuale trend di sviluppo.
Quindi, come si vede, scuola e "produzione" sono due facce della stessa medaglia e non possono continuare ad ignorarsi.

Come migliorare questo rapporto? 
Trovare il modo che persone con esperienza di lavoro entrino nella scuola per portare una tangibile testimonianza del mondo esterno; intensificare i rapporti con alternanza scuola-lavoro, visite guidate, stages, sperimentazioni, lezioni tenute da tecnici e così via. E questo non solo nel settore industria ma anche in tutto il terziario.
Nel 1959 Charles P. Snow, celebre romanziere e saggista inglese e al contempo noto scienziato, in una storica conferenza tenuta presso l'università di Cambridge diceva: "la società si ferma, lo sviluppo si blocca, i conflitti diventano sempre più minacciosi se i due grandi settori trainanti dell'umanità, quello scientifico e quello umanistico, non dialogano, se essi non si capiscono, se ognuno procede con un linguaggio comprensibile solo a se stesso".

Nicola D'ADAMO 
Funzionario d'azienda
Pubblicato nel 1986 su Quaderno n. 2  anno scolastico 1985-86 dell'Istituto Tecnico Commerciale Statale "Raffaele Mattioli" di San Salvo, pagg.39-40.

2 commenti:

NICOLA D'ADAMO ha detto...

dal preside NICOLANGELO D'ADAMO riceviamo e pubblichiamo:

Grazie Nicola per aver riproposto il dibattito, sempre attuale, sul tema "Scuola\Lavoro che proponemmo negli anni ottanta. Come hai giustamente chiosato, non sembra un dibattito di trenta anni addietro. A proposito voglio raccontarti un aneddoto. Durante i quindi anni di direzione dell'ITC "R.Mattioli" di San Salvo, mi fu proposta la gestione di una trasmissione su una TV locale. Accettai e chiamammo quella rubrica settimanale "Terzapagina". In sostanza dovevo intervistare personaggi, a vario titolo di una certa importanza, per presentarne il profilo professionale. Mi capitò di intervistare, in quella veste, anche il dott. Filippo Fontana, capo del personale della SIV. A lui feci questa domanda: "quando sottoponete un giovane ad un colloquio per una possibile assunzione, cosa valutate e apprezzate di più?" Il dott. Fontana mi rispose prontamente: " Il giovane che vuole lavorare nella nostra azienda deve saper leggere, scrivere e parlare in un buon italiano. Le sembrerà banale, ma non lo è. Deve possedere una buona formazione matematica di base, ottima conoscenza informatica e parlare una lingua straniera, possibilmente l'inglese. Al resto ci pensiamo noi". Rimasi senza parole. In poche battute quell'uomo d'azienda mi aveva riassunto l'intero dibattito "Scuola\Lavoro" allora in corso: Nessuna formazione specialistica, ma solida formazione di base su cui si sarebbero innestate formazioni mirate con corsi di affiancamento, corsi di preassunzione, contratti di formazione\lavoro ecc.

elaverghetta@libero.it ha detto...

I requisiti di cui parla il dott. Filippo Fontana erano qualcosa che le aziende apprezzavano, ma su cui talvolta soprassedevano, specialmente se il candito era “segnalato”. La consideravano una qualcosa in più. Oggi e domani saranno sempre più i prerequisiti per il primo contatto con le aziende. Attenzione, quando parliamo d’informatica, non ci si può riferire al solo utilizzo d’internet per copiare canzoni e chattare. S’intende la padronanza di programmi gestionali come Office o sistemi simili, in particolare occorre conoscere non superficialmente: Excel, PowerPoint e Access, è gradito, oltre all’indispensabile Word. Quando parliamo di lingue straniere, non possiamo limitarci al vocabolario turistico ma occorre entrare anche nel vocabolario tecnico di riferimento.
Forse se le strutture pubbliche prendessero atto di questa evoluzione del mercato del lavoro, lascerebbero i corsi di teatro, giornalismo e altre attività da tempo libero, per indirizzarsi su quelle che sono le vere esigenze per guadagnarsi la pagnotta.
Certo, se al proprio interno dette competenze sono assenti, è difficile capire e sentire la necessita di quelle che sono le esigenze dell’efficienza operativa. Un sistema clientelare si occupa d’altro, è concentrato a tessere una tela di baratti per acquisire e conservare il potere. Una visione a breve raggio che non fa intravvedere la decadenza del sistema Italia, che sta impigliandosi a detta rete fino a soffocare. Occorre che questi tessitori prendano coscienza che anche loro sono a bordo della barca che sta affondando. Potranno cadere in acqua per ultimi, ma niente di più. L’unico salvagente è la professionalità che alimenta un sistema meritocratico. Un cambio di cultura che deve coinvolgere chi chiede e chi baratta, una strada lunga ma irrinunciabile.