giovedì 18 settembre 2014

SAN MICHELE 2014 (1): STORIA, I LITIGI TRA PARROCCHIE PER OSPITARE LA STATUA DEL SANTO

*** 11 PUNTATE DI LINO SPADACCINI ***
In attesa di conoscere il programma dei festeggiamenti in onore di San Michele Arcangelo, quest'oggi cominciamo una serie di pubblicazioni, con curiosità, immagini e notizie storiche, per approfondire la devozione del popolo vastese verso il Santo Patrono.
Ogni anno la statua dell’Arcangelo Michele, patrono della nostra città, viene portata in processione nella chiesa di S. Maria Maggiore, dove rimane esposta per tutta la durata della novena fino al giorno
della festa. Una tradizione questa che ormai si ripete da tanti anni, a cui si è giunti attraverso accese polemiche e litigi tra le confraternite delle chiese di S. Maria Maggiore e del Carmine, con il coinvolgimento di Vescovi e amministratori locali.
In seguito all’epidemia di tifo petecchiale del 1817, che causò la morte di oltre duemila vastesi, il popolo implorò l’intercessione dell’Arcangelo per allontanare il flagello. La mattina del 20 settembre la statua di S. Michele venne portata in processione per le strade della città e rimase esposta nella chiesa di S. Giuseppe, allora unica chiesa parrocchiale, in seguito alla soppressione avvenuta nel 1808 di quelle di S. Pietro e S. Maria, a causa dei continui litigi. Questa tradizione andò avanti fino al 1842, quando l’allora Sindaco Pietro Muzii espose ai decurioni l’idea di portare il culto di San Michele nella chiesa del Carmine:  “... La detta Chiesetta rurale, essendo angusta, si pensò di ampliare mediante due cappelle laterali, le quali sono in costruzione. Riflettendo che al Santo protettore della nostra Patria ogni convenienza suggerisca di erigere una decente Chiesa nel seno del nostro abitato, m’indusse di pregare il nostro Monsignor Arcivescovo a permettere che il culto di San Michele sia trasferito anche nella bella Chiesa urbana del Carmine ora di patronato comunale… Così detto tempio, potrebbe esser decorato dal titolo di Chiesa di San Michele e del Carmine… Allora la festa degli 8 di Maggio si celebrerebbe nella cappella rurale e la festa de’ 29 di Settembre si solennizzerebbe nella novella Chiesa Urbana. Fino a che però la costruzione delle due cappelle non sarà perfezionata in essa chiesetta suburbana attualmente ingombra di materiali si farà anche la festa di Maggio nella Chiesa del Carmine…”.
Nel 1855, a causa del restauro della chiesa di San Michele,  questa usanza venne interrotta: la statua tornò al Capitolo, nella chiesa di S. Maria Maggiore, dove esso officiava. Nel 1876, con il sindaco Francesco Ponza, si tornò a portare la statua dell’Arcangelo nella chiesa del Carmine, ma restarono a cura ed a spese della Congrega del SS. Sacramento e Sacra Spina le funzioni e le processioni.
Per altri quarantacinque anni la statua del Protettore venne regolarmente portata nella chiesa del Carmine per le solenni festività, ma il 22 giugno del 1921, accadde un episodio increscioso, che portò a polemiche e scontri anche duri tra la Congrega di Maria SS. del Carmine e la Congrega del SS. Sacramento e Sacra Spina: alcuni cittadini, capeggiati dal parroco di S. Maria e dalla sua congrega, senza permesso, andarono a prelevare il santo protettore nella sua cappella per portarlo in processione per le strade di Vasto, ma la statua, anziché far ritorno alla chiesa del Carmine, venne portata in quella di S. Maria Maggiore.
Questo gesto provocò la rivolta della Congrega del Carmine, il quale si rivolse al commissario prefettizio di Vasto ed all’Arcivescovo di Chieti per denunziare l’atto di forza dei fedeli “Mariani”.
Lo stesso Arcivescovo Monterisi, l’anno successivo, pubblicò una lettera indirizzata al popolo cristiano della Città di Vasto, dove ammonì duramente l’atto compiuto dalla Congrega del SS: Sacramento e Sacra Spina, definendolo illegale e irragionevole, in quanto l’unica chiesa che avrebbe potuto avanzare qualche diritto sulla processione del Patrono era solo la Cattedrale, cioè S. Giuseppe, e non certamente S. Maria.
Pronta la risposta della parte avversa, attraverso la pubblicazione di una lunga e ragionata lettera, datata 22 marzo 1922, a firma del proprio presidente, Umberto Manzitti. “La statua del nostro Protettore”, asserisce il Manzitti, “era portata nella chiesa di S. Giuseppe, non perché matrice, ma perché parrocchia; tanto ciò è vero che al Capitolo, sia per la processione che per la festa di S. Michele, vengono regolarmente pagati i diritti. Ora se questa festa e questa processione fossero effettivamente diritto della matrice, ossia della cattedrale, come l’E. V. tenta invano di dimostrare; se, in altri termini, fossero cosa propria del Capitolo, pagamento non vi sarebbe, né vi dovrebbe essere”. E prosegue affermando che la chiesa di S. Michele è compresa nel territorio di S. Maria, così spetta a quest’ultima il diritto di ospitare il protettore, allo stesso modo come avviene per San Pietro che ospita le statue di S. Nicola e della Madonna della Penna, che prima erano portate a S. Giuseppe. In sostanza il Manzitti sostiene che la chiesa si trova nel territorio di S. Maria e la Congrega del SS. Sacramento e Sacra Spina, ne sostiene le spese per le funzioni e le processioni, quindi è giusto il proprio diritto rispetto alle chiese del Carmine o della Cattedrale.
Situazione sempre più difficile da gestire per Monterisi, il quale si vide costretto a scrivere al Sottoprefetto Scarciglia affinché non si modificasse il diritto del Carmine, fino a quando S. Maria non avesse ottenuto regolare sentenza giuridica nel foro ecclesiastico. Contraddicendo alla volontà dell’arcivescovo, il Sottoprefetto si armò di cento carabinieri per tutelare la pretesa di S. Maria.
“...Ingiurie, fischi, dimostrazioni, minacce di sassate e peggio, sono forza bruta, e cioè la negazione della religione e fino della civiltà”, riferiva Nicola Gizzi, priore della chiesa del Carmine, “La quale violenza sarebbe certamente apprezzata e ammirata da qualche tribù barbara africana, ma non dalla civilissima Vasto, che ne è invece profondamente nauseata”.
Nonostante le dure, quanto vane proteste, il Consiglio Comunale, in data 13 settembre 1924, deliberò la revoca del voto espresso nel 1842 dal Decurionato e la richiesta all’Arcivescovo di Chieti di voler dare parere favorevole affinché si portasse la statua del Patrono nella chiesa di S. Maria Maggiore. Al Vescovo non restò che accettare la situazione e concedere la sua approvazione.
Lino Spadaccini















































1 commento:

NICOLA D'ADAMO ha detto...

dal preside NICOLANGELO D'ADAMO riceviamo e pubblichiamo il seguente commento:
COMMENTO NOTA SPADACCINI
Bene ha fatto lo storico Lino Spadaccini a riproporre lo stucchevole litigio tra le Congreghe di S. Maria Magg. e del Carmine per la contestazione dello “ius processionandi” riconosciuto dalla Curia al Carmine (l’ Arcivescovo Monterisi nell’occasione, scomunicò, addirittura, il priore dei S. Maria Magg.). Corretti e puntuali i riferimenti storici. Vi è solo da aggiungere che dietro le contese tra le Congreghe, a cominciare da quelle tra “Mariani” e “Petroni”, vi erano enormi interessi economici, visto che ad amministrare i beni delle parrocchie erano le Congreghe e non i Capitoli. Nella seconda metà dell’Ottocento, per i diritti di precedenza nelle processioni, dovette intervenire persino il tribunale civile e correzionale di Lanciano ( la sentenza di quel tribunale del 1889, che dava ragione alla Congrega del SS. Sacramento di S. Maria, calmò temporaneamente gli animi ). Quell’utilizzo strumentale, anzi sacrilego, delle processioni dura ancora oggi, fortunatamente non da noi, visto quanto accaduto a Oppido Mamertino dove una processione mariana è servita ad omaggiare il “Padrino” della città. Forse la Chiesa postconciliare dovrebbe aprire una riflessione coraggiosa sulla funzione spirituale di una processione religiosa nell’età moderna. Ma qui il discorso è molto complesso.
NICOLANGELO D’ADAMO