Un muro d’acqua
di Luigi Murolo
Corrado Sabatini, presidente
della Commissione di studio sulla frana di Palazzo d’Avalos, ha precisato
quanto segue:
[…] abbiamo avuto notizie sullo
stato di avanzamento delle procedure dall’ingegner Luca Giammichele, tecnico
del settore Lavori pubblici del Comune di Vasto e segretario della Commissione,
che ci ha dato importanti ragguagli tecnici: l’ingegner Totaro di Atessa,
incaricato dal Genio civile regionale, ha ultimato il progetto di consolidamento, che prevede la realizzazione di un muro
di cemento armato, che poggerà su una piastra di fondazione alta un metro e
larga cinque metri […] (il corsivo è mio).
Movendo da questo dato torna
utile svolgere qualche considerazione.
Come tutti sanno (ma vale la pena
ricordarlo) la storia del costone orientale di Vasto è una storia di frane. Per
tale motivo, non è possibile scindere una singola frana dal contesto di tutte
le altre storicamente verificatesi. Sicché, se solo volessimo tracciare, per il
sec. XIX, una rapida cronologia di tutti gli scoscendimenti conosciuti –
cronologia desunta dal Diario di
Florindo Muzii (conservato nell’Archivio Storico Comunale di Vasto) – otterremo
questa sequenza di nove fasi che deve
far riflettere il nostro triste presente (sulle frane del sec. XX si tornerà
tra breve):
1. 1° aprile 1816
2. 24 aprile 1820
3. 24 febbraio 1831
4. 7 marzo 1843
5. 18 marzo 1844
6. 15 febbraio 1845
7. 3 marzo 1847
8. 7 marzo 1847
9. 13 gennaio 1870
1.In questa foto del 1904 è visibile, a sud, tutta l’area dei Tre Segni priva di qualsiasi edificazione. È verosimile che ritragga le condizioni createsi dopo la frana del 1816. |
Fin qui gli accadimenti
dell’Ottocento. Proviamo a prendere in esame la fenomenologia di argille in
movimento che la città avrebbe incontrato nel secolo successivo. L’elenco qui
esibito registra dieci diversi episodi franosi occorsi nel Novecento che,
aggiunti ai precedenti, raggiungono il non invidiabile primato di 19 eventi in due secoli (una media di
poco più di un fatto calamitoso per
ogni dieci anni):
1. 15 febbraio 1916
2. 21 dicembre 1919
3. 8 aprile 1919
4. 29 aprile 1919
5. 31 marzo 1942
6. ottobre 1942
7. 30 maggio 1945
8. 16 settembre 1946
9. 22 febbraio 1956
10. 29 agosto 1956
Dei primi quattro (tre dei quali
nello stesso anno) ho già parlato in un articolo dal titolo La loggia Amblingh e il giardino dimenticato
pubblicato su blog il 5 febbraio 2015. A partire da ciò, torna utile
rileggere lo stesso tema in rapporto alla precedente affermazione di Sabatini.
Un’affermazione, aggiungo, che, sulla scorta delle informazioni fornite al
consigliere dal Genio Civile sul giardino d’Avalos, indica come provvedimento
risolutivo del problema la sola costruzione di un muro di contenimento per la
sistemazione del giardino d’Avalos. Mi chiedo: è davvero possibile tale
notizia? Oppure Sabatini ha dimenticato involontariamente qualcosa? A dirla tutta, in questo senso i conti non
sembrano proprio tornare. Il motivo è semplice: si possono iniziare i lavori di
consolidamento senza preliminare canalizzazione e drenaggio delle acque ipogee?
Che lo si voglia o meno, gli interventi storici sul costone orientale di Vasto
raccontano in modo eloquente questa vicenda.
In effetti, non è forse vero che
le citate quattro frane sulla vecchia via
della Catena (la stessa che nel 1927 avrebbe visto sorgere la balconata Amblingh come muro di
consolidamento) sarebbero state risolte con la preventiva captazione idrica? La
conosciutissima foto n. 2 datata 1899 mostra la situazione ante 1916. La cinta muraria tardomedievale, utilizzata come sede di
abitazioni civili (si veda, ad esempio, la vecchia casa del fabbro Nicola
Rossetti, padre di Gabriele), cade perpendicolarmente a quella calatàure (via di campagna in discesa)
della Catena che conduce verso il
mare (lo sperone aggettante è l’originaria terrazza detta Loggia Amblingh).
3. Edifici franati nel 1916. Con il quadratino bianco è indicata Casa Rossetti. La foto è posteriore al 1927, anno in cui viene terminata la costruzione del muraglione. |
Al contrario, la foto n. 3 datata 1927 esibisce
una parte del costone sud-orientale con le abitazioni franate nel 1916 e la
sommità del muraglione di sostegno appena costruito.
4. Regimazione delle prima della costruzione del muraglione. |
La foto n. 4 (del 1926)
rende esplicita la regimazione delle acque prima della realizzazione del citato
muraglione. Essa documenta il lavoro di fabbrica e di regolazione idrica
terminato, finanziato dallo Stato con progetto del Genio Civile e appalto a
ribasso dell’1,50% affidato all’impresa dei F.lli. Bottari. Da questo punto di
vista, non possono sussistere dubbi sul rapporto che aveva connesso
sistemazione idrica sotterranea e opera di contenimento, garantendo solidità
dal 1927 a oggi (quasi novant’anni senza manutenzione. Un buon risultato). Come
si può notare, dall’operazione restavano esclusi Loggia e Giardino (allora
proprietà private). E per quanto ne abbia supportato in larga misura il
mantenimento, alla fine il giardino non ha più retto.
«Cosa poi sia successo, lo capite anche voi», recitava un verso di una
celeberrima cover de I Nomadi del 1968. Certo, i fenomeni
meteorici (vento, pioggia, neve) hanno sempre prodotto danni alla città favorendo
significativi cedimenti.
5. L’olmo di fronte alla cappella di San Michele franato e sradicato nel 1910. |
Sul versante naturalistico, ad esempio, non si può
sottacere l’incredibile sradicamento e sprofondamento del monumentale olmo
posto di fronte alla cappella di S. Michele – 25 gennaio 1910 (foto n. 5) –.
Anche in questo caso va ricordato che stiamo parlando di un’area franosa
investita il 31 marzo 1942 (durante la guerra) da uno scoscendimento che
avrebbe cagionato il crollo del piazzale ivi compresa la precedente balconata.
C’era un canale di scolo lungo la falda freatica? Francamente non sono stato in
grado di individuarlo. Posso solo dire che abbálle
a la rëipe di Sánde Micchéle (sotto il costone di San Michele), poco più a
sud della stessa, il toponimo Vašca di li
préte (Vasca delle pietre) indicava una località nel cui nome era sottesa
la presenza di un antico fontanile, scolo di acque ipogee. Me ne aveva parlato
un trentina di anni fa un caro abitatore di Fonte
Joanna: Micchéle di Viatrëice.
Questa, forse, la ragione che spiega in quella zona l’attività, in due secoli,
di un solo episodio fortemente franoso. Stando così le cose si evince in modo
eloquente il meccanismo che lega la captazione idrica alla tenuta delle
colline.
La vicenda più interessante
rimane comunque quella occorsa al Muro delle Lame. 30 maggio 1945: cedimenti
del muraglione erano stati registrati tra Piazza del Popolo e via Adriatica.
Nel torno di un anno – il 13 settembre 1946 – veniva realizzata una nuova
struttura muraria di contenimento senza intervenire sulla falda freatica con
uno scolmatore idraulico. Che cosa sarebbe accaduto? Un fatto molto semplice.
Dieci anni più tardi – siamo nel 1956 –, in due date distinte – 22 febbraio e
29 agosto –, due poderosi movimenti franosi avrebbero cancellano per sempre una
parte considerevole della città. Qual è la morale da trarre? Che da sola,
un’opera ingegneristica di consolidamento, per quanto buona, non garantisce
alcuna stabilizzazione dei terreni argillosi.
6. La “Galleria” di regimazione delle acque sotto via Adriatica. |
Talmente solare questa verità
che, dopo sessant’anni (nel 2016), la cosiddetta “Galleria” delle acque ipogee
costruita sotto via Adriatica (foto 6) sta continuando a rimanere l’unico
grande baluardo contro le frane.
Torniamo ai nostri giorni.
Rispetto a questa storia velocemente raccontata, può Corrado Sabatini affermare
che la soluzione al problema della frana del giardino d’Avalos è la
realizzazione di un muro di contenimento? I temi qui rammentati non dicono
forse che la salute del costone orientale di Vasto sta nella canalizzazione
delle acque? Perché Corrado non chiede a Peppino Forte (l’unico della maggioranza
di governo cittadino realmente informato sulla questione) qual è stata la vera
operazione che ha salvato sessant’anni fa la zona dell’attuale via Adriatica?
Perché Corrado non legge l’interessantissimo articolo pubblicato da Nicola D’Adamo
sulla «Gazzetta di Vasto» di Peppino Forte
il 23 febbraio 1986 con una documentata analisi su Le vere cause della frana (questo il titolo del pezzo
giornalistico)? (foto 7).
7. Gazzetta di Chieti (inserto Gazzetta di Vasto) 23 febbraio 1986: "Trent'anni fa la frana" di Nicola D'Adamo
|
Dentro quella pièce,
senza ricorrere a alcuna commissioni di studio, il buon Corrado troverà le
soluzioni prospettate nel 1956 dal Genio Civile per risolvere quel problema. Si accorgerà che
probabilmente sono utili anche oggi per il triste presente di lu pualàzze di la Marcàise. Quasi non
bastasse, sono stati pubblicati perfino i disegni prodotti nel Cinquantasei da
quell’ufficio. Mi chiedo: perché, per il giardino in questione, non procedere
prima a drenaggio e canalizzazione e poi al consolidamento? Forse Corrado ha dimenticato
di parlare della prima parte del problema? Può succedere. Oppure la frana del
giardino è diversa dalle altre frane storicamente avvicendatesi sul costone
orientale di Vasto? Che cosa significa «Commissione
di studio sulla frana di Palazzo d’Avalos». Che questo cedimento è simile o diverso dagli altri?
Mi sono permesso di svolgere
qualche osservazione. Poi ognuno faccia ciò che meglio crede. Il bello (o il
brutto) degli scritti è che restano. Ad
futuram rei memoriam.
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