martedì 24 aprile 2018

QUATTRO ANNI DI LITIGI: MEDICI VASTESI L'UN CONTRO L'ALTRO ARMATI!

Oltre un secolo fa a Vasto 
MEDICI CONTRO FRA PROVERBIALI LITI A COLPI DI LIBELLI 
Ne furono coinvolti Francesco Saverio Cianci, Giacinto Barbarotta e Giovanni D'Ettorre. La vertenza venne risolta con un arbitrato dopo 4 anni.

di GIUSEPPE CATANIA

Nel 1881 scoppiò a Vasto una violenta lite fra insigni medici, sfociata nella pubblicazione di alcuni libelli e interventi sulla stampa, a seguito di una serie di accuse e smentite. Ne furono coinvolti noti e illustri medici vastesi, Francesco Saverio Cianci, Giacinto Barbarotta e Giovanni D'Ettorre. Diciamo subito che la "vexata quaestio" giunse al limite del "duello", ma, fortunatamente venne alfine risolta pacificamente con un arbitrato.

A dare avvio alla "contesa" fu un caso clinico verificatosi a Vasto nel giugno 1881. Ne abbiamo notizia da una pubblicazione dal titolo: "Appendice alla ultima definitiva replica di Francesco Saverio Cianci al dottor Giacinto Barbarotta" -Vasto- Tipografia Edit.dell'Indicatore Generale del Commercio- Succursale 1884-.

Rileviamo da questa pubblicazione che il dott. Giacinto Barbarotta "prestava la sua assistenza medica al sig. L. M. che, colpito da grave infermità, non presentava verun favorevole pronostico". Il medico curante, avendo constatato il male, consigliò un consulto che, infatti, avvenne con la partecipazione dei dottori Della Guardia, Cianci e D'Ettorre. I pareri furono discordi tanto che, il 17 luglio, il cugino dell'infermo chiese spiegazioni sul male che affliggeva il congiunto. Il dott. Giacinto Barbarotta, "visibilmente eccitato," ebbe a dichiarare categoricamente: "Io per me ho il coraggio di dire che chi crede la malattia del nostro infermo tifo, è una bestia!" Apriti cielo!

Ne sfociò una disputa con attacchi e contrattacchi, non solo verbali, ma anche con scritti pubblicati sui giornali (nel n.45 del "Giornale di Chieti").
Ma, mentre i medici continuavano a discutere ed a dissertare su principi e su metodi di cura e sulla rispettiva valenza professionale, l'improvvisa morte di
un altro paziente, avvenuta il 7 gennaio 1882, "rinfocolò le dicerie e le sobillazioni" contro il dott. Giacinto Barbarotta, a tal punto che a lui si attribuì la prematura fine dei due "egregi cittadini".
Fu allora che il medico preso di mira dalle accuse si accinse a pubblicare l'opuscolo dal titolo "Due storie cliniche" per sostenere il suo punto di vista professionale "a solo fine di sostenere il suo professionale decoro", ma rilevando nella prefazione che, gli "imitatori, quando non hanno proprio ingegno sufficiente, sono la peste delle arti e delle scienze".

Il dott. Francesco Saverio Cianci ritenne una tale pubblicazione un "guanto di sfida", sicché, dopo otto mesi, pubblicò un libretto intitolato "Due casi di medicina clinica rivedute e corretti da Francesco Saverio Cianci", nel quale, oltre a quistioni scientifiche e diagnostiche "con irritante acredine", scagliandosi contro il suo avversario, testualmente affermava: "Ecco l'uomo, ecco il medico che, a 70 anni, violando ogni legge di convenienza, di civiltà, si arroga il diritto di giudicare l'ingegno altrui ed in modo tenebroso, lancia uno strale avvelenato contro una classe di medici imitatori, tra i quali egli, che è il più originale di questo mondo, ci starebbe per uno". Evidentemente il clima, almeno per quanto riguarda il settore medico di quel tempo, era molto arroventato e dall'una e dall'altra parte continuava una specie di guerra fredda con rimpallo di accuse e smentite.

Trascorsi cinque mesi il dott. Giacinto Barbarotta si decideva di pubblicare un altro opuscolo: "Al Dott. Francesco Saverio Cianci brevissima risposta di Giacinto Barbarotta" allo scopo di respingere gli attacchi del suo acerrimo avversario, accusandolo di aver sbagliato le diagnosi, non solo, ma tacciandolo "ingrato e bilingue". Fra l'altro, nell'opuscolo il dott. Barbarotta testualmente scriveva: " Egli è parolaio con gli ignoranti, ma tace con chi sa; fuori dei consulti, conversando con gli estranei, nega le opinioni in quelli sostenute. Fin dei malati che non vede (e questo è il suo forte) " osa dare il suo giudizio. Sconosce il galateo medico, perché nelle famiglie in cui è chiamato manca ad ogni atto di convenienza verso i suoi Colleghi. Le sue ricette hanno tutte l'apparenza della novità, volendo egli mostrarsi seguace zelantissimo del progresso....scientifico. Nei casi difficili e pericolosi, spesso per una strana casualità, non si trova al suo posto. Crede il più delle volte di aver trovato degli specifici che, con ostentazione raccomanda ai suoi clienti. Ora disinvolto, or misterioso, ossequente, sempre verso i ricchi malati, volubile, altero, diffidente e mordace; temuto perciò da moltissimi e fin dagli stessi amici e parenti, ecco riassunte in breve le preziose Qualità del C. Non potendo frenare la sua indole egli ha gittato la discordia tra i Medici vastesi, quando noi ricordiamo tempi felicissimi in cui i Medici formavano qui come una sola famiglia, e animati da reciproca benevolenza,si consigliavano l'un l'altro, discutevano fra loro tutte le quistioni gravi e complicate, senza invidia, senza gelosia, senza rancori, ma alla buona e con la massima schiettezza, perché li guidava l'amore della scienza e un'operosa carità per la vita e per la salute del prossimo. E' l'uomo della contraddizione, perché mentre disapprova l'uso del chinino nei morbi acuti febbrili, e specialmente in quello ch'egli chiama ileo-tifo, l'ordina poi di continuo e forse più che non facciano gli altri medici, per tema di perdere la grazia e la protezione dei suoi malati. Lo diciamo ancora una volta, affinchè siano pienamente giustificati agli occhi dei nostri lettori; il C. fu uno dei tre medici i quali approvarono la diagnosi e la cura della febbre continua remittente con omopatia scorbutica del M., com'essa fu descritta nel nostro Opuscolo; ed egli stesso poi è venuto a disdirsi nella sua famosa "Revisione e Correzione(?) dei nostri due casi di Medicina Clinica".

Evidentemente la presa di posizione del dott. Francesco Saverio Cianci non venne digerita facilmente dal dott. Giacinto Barbarotta il quale, per nulla insofferente per le accuse mossegli, rincara la dose rilevando testualmente: "Piuttosto che rivedere e correggere i casi altrui, ch'ei riveda e corregga quelli della sua coscienza, perché se fosse solito di attingere da questa le sue ispirazioni, ci avrebbe liberamente contrapposto le sue idee nel consulto che tenemmo insieme con lui sull'infermità del M. - Non i casi nostri, ma sarebbe mestieri ch'ei rivedesse e correggesse gl'infiniti spropositi del suo libercolaccio, che rivedesse e correggesse l'invidia che lo macera, la superbia che lo gonfia, e il dispetto che lo rode di non potersi qui innalzare sopra tutti, e in tal modo l'opinione pubblica vastese potrebb'essere in suo favore riveduta e corretta. Cosl terminiamo, protestando di non voler rispondere a qualunque altra possibile diceria, che non ci rimoverebbe giammai dalle nostre convinzioni".

La guerra dei "medici contro" a Vasto registrò una tregua, ma riprese ancora dopo altri 14 mesi con la pubblicazione dell'opuscolo "Ultima definitiva replica di Francesco Saverio Cianci al Dr. Giacinto Barbarotta" del 1884 in cui il dott. Giovanni D'Ettorre è chiamato in causa rilevando che "l'autore proponendosi di redarguire il suo avversario, cita inesattamente taluni fatti nei quali noi avemmo parte, e declama contro traditori, non senza allusioni a noi riferibili". Il dott. D'Ettorre rilancia le accuse contro il Cianci, tacciandolo di "tessere le più vili e spudorate menzogne" additandolo al cospetto dell'opinione pubblica per la "bassezza del suo animo, il suo smodato orgoglio, e il maligno artificio, con cui travisa i fatti, ne crea di nuovi".

La questione sfiorava il ricorso al giudice, ma venne sottoposta all'arbitrato definito pacificamente il 9 maggio 1884 nel quale il dott.Cianci dichiara di aver scritto quanto contenuto nell'opuscolo per relata refero senza intenzione d'offesa o di allusione nei riguardi del dott. D'Ettorre. Questi dichiarava a Giuseppe Ciavatta e Francesco Benedetti, incaricati di risolvere la vertenza, di essere interamente "soddisfatto, ritenendo definitivamente rimossa ogni ragione di dissidio" a causa bell'opuscolo.

La storia della guerra di "medici contro" continua, da che mondo è mondo, anche se con diverse argomentazioni, nei nostri giorni. La galassia della sanità non è immune da "scontri". Purtroppo, chi paga le spese di questi ricorrenti conflitti è sempre l'ammalato, l'essere umano, quando non diventa addirittura "cavia" per conclmare le virtù di questo o di quel medico.

GIUSEPPE CATANIA

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