giovedì 28 maggio 2015

I ricordi di un eccezionale viaggiatore: IL 27 MAGGIO 1576 FRA SERAFINO RAZZI GIUNGE A VASTO

"Vasto, terra deliziosa, che già era chiamata una piccola Napoli".
Così scrive Fra Serafino Razzi nel suo "Viaggio in Abruzzo alla fine del '500. Indubbiamente così parve a questo singolare "viaggiatore", quando, giunto in questa località, si affacciò dalla balza del Miramare a guardare la marina delineata dall'arco lunato della spiaggia e decorato da "pini” sempreverdi, che richiamavano, appunto, il golfo partenopeo.
Fra Serafino Razzi fu assegnato al Convento dell'Annunziata (archivio Lino Spadaccini)





Era il 27 maggio 1576 e Fra Serafino Razzi, meravigliato dell'abbondanza in cui viveva la popolazione, che
"al catasto egli fa ottocento fuochi: ma nel vero, come dicono, arriva a mille". Il frate, peraltro, evidenzia nei particolari altri aspetti in dettaglio. "Abbonda questa Terra di ogni bene, di pane, di carne, di pesce, di uova. Et il vino ci è in tanta copia che ciasched'un anno se ne caricano assai varche per Ischiavonia, per Vinezia e per altri luoghi.

E con tutto che siano vini preciosi, sono nondimeno per lo più del tempo a benissimo mercato. Onde questo anno 1576 a1 27 di Maggio ci vale la soma dai tre ai quattro giulii, o vero carlini, come dicono loro, da Carlo. Del grano, se ben la Terra non ne raccoglie molto, tanto nondimeno ce n'è mercato d'ogni contorno a1 40 miglia, per la comodezza del mare e dei mercati, che hora, che pure riano alla nuova raccolta, se ne trovano nella Terra oltre a due mila, e cinquecento carra. Un carro è 12 some: la soma è tre tomoli; et il tomolo pesa libre..."

In verità, stando a quanto Fra Serafino ebbe a constatare, Vasto godeva di tante ricchezze, come olio, aranci che erano dislocati della zona della marina, da far annotare: "questo paese essere come una cuccagna, in cui si beve e si magna".

Ed il Frate non può fare che un'altra considerazione: "Ond'è si è osservato come in questa Terra sono pochi vecchi, forse per la molta crapula, che più homini occide che il coltello".

Fra Serafino Razzi visitò anche Punta Penna "ove già, come dicono, era una Terra, che se ne veggono fino al dì d'oggi alcune reliquie", alludendo alla scomparsa città di Pennaluce che sorgeva nel sito ove era già “Aspra" e, prima ancora "Buca", mitica città romana, con il suo porto naturale.

"E’ questo un sito vaghissimo di una punta di Terra, che sporge in mare per buono spazio, e si lascia dalla destra , e dalla sinistra, due seni di marina, et è luogo altissimo per un porto sicuro, e capevole di coltissimi legni, e barche. E narrano come il Senato Veneto già volle comperare detto sito e pagarne cotanti zecchini, che toccandosi 1'un l’altro, lo cingessero e circondassero tutto d'ogni intorno. Hora ci è edificata una bellissima Torre, in cui stanza un caporale con alcuni soldati, per guardia della campagna, e per fare segno quando si scopre alcun legno nimico, col fumo il giorno, e col fuoco la notte... E ci godemmo per buona pezza di quella bellissima veduta, che tiene detta Torre, di Tremiti, e di Monte Santo Angelo, verso la Puglia, a oriente; e di Ortina a’Mare, e fino al Monte d'Ancona, all'occidente, e per la Marina. E fra Terra contemplammo la Maiella, Monte Corno, et altri luoghi assai, a mezzogiorno. Ove dalla banda di settentrione non vedevamo altro che mare, non ci scorgendo la Schiavonia di là dall'Adriatico mare”.

Giuseppe Catania

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