martedì 26 maggio 2015

Personaggi: LUIGI LACCETTI, LETTERATO, POETA EDUCATORE

Luigi Laccetti (1810- 1867)
di LINO SPADACCINI

Una delle famiglie storiche più prestigiose di Vasto è senz’altro quella di Luigi Laccetti: il capostipite, valente letterato, poeta ed educatore, suo figlio Francesco, chirurgo e anatomista di chiara fama, con i suoi figli Guido, apprezzato compositore, autore delle opere Hoffmann, Carnasciali e Il miracolo, e Carlo, medico e chirurgo, autore di diverse pubblicazioni scientifiche, completano questa straordinaria famiglia vastese.
Graziadio Isaia Ascoli, nel febbraio del 1867, sulla rivista Il Politecnico, all'interno di un saggio sugli slavi del Molise, a proposito di Luigi Laccetti scriveva che "per nobiltà dell'animo e la molta gentile cultura, è degno conterraneo di Gabriele Rossetti". Una definizione condivisibile quella espressa dall'illustre studioso, rivolta ad un uomo di vasta cultura che dedicò tutta la vita all'insegnamento.
Nato a Vasto il 10 luglio 1810, Luigi Laccetti fondò nella nostra città una scuola di belle lettere e filosofia,
accogliendo e istruendo nella propria  abitazione la mente ed il cuore di più generazioni di giovani provenienti da varie parti di Abruzzo e Molise.  Ricoprì vari incarichi pubblici e per le abili qualità oratorie, venne chiamato spesso a pronunciare discorsi o commemorazioni.
Nel 1848, nel pieno dei fermenti risorgimentali, venne dichiarato "attendibile" dalla polizia borbonica, quando da decurione si rifiutò di firmare una petizione suggerita dal governo per il ritiro della costituzione; rifiuto che gli costò anche la carica di decurione a quei tempi di nomina regia. Dopo l'Unità d'Italia, tornò all'insegnamento presso il Ginnasio di Vasto, a quel tempo diretto da Pompeo Romani, sorto nel 1865 sulle ceneri dell'ex Seminario, così come stabilito per Decreto Ministeriale.

Luigi Laccetti ci ha lasciato diverse pubblicazioni di poesie e qualche breve saggio. Nel 1835, a soli 25 anni, curò la prefazione alle poesie estemporanee di Giovanni Giustiniani da Imola, pubblicato dalla Tipografia Grandoniana di Chieti.
In una lettera datata 28 giugno 1855, il Laccetti scrisse all'amico e letterato Giacinto Barbarotta, accompagnando il testo con alcuni versi: "…Niuno più di te saprà scusarmi a coloro che per avventure si facessero a rilevarne le imperfezioni; perocchè niuno più di te sa che, aggligato a raggirarmi tra aride lande, quali per appunto son ora le occupazioni mie, ho rinunziato a tutte pretensioni in fatto di buoni studi. A te per lo contrario che, a somiglianza del Fracastoro dell’Hallero, del darwin e dell’elegantissimo Redi, sai con tanta finezza e squisito gusto unire alle spinose scienze mediche il sacro culto delle Muse, e a te auguro quei successi che (doloroso a dire!) non più è a me lecito sperare…".
Immediata la replica del Barbarotta che ringraziò del dono e rispose: "…Neppure fra gli ozii e le distrazioni campestri io dimentico l’amicizia tua, ho tirato giù di alquanti versi, nei quali, secondo il modo della mia possibilità, ho tentato di ritrarti le profonde e misteriose impressioni, onde sono riscosso tutte le volte che mi riduco a diletto in questi luoghi amenissimi (S. Lorenzo)". E concluse: "Accetta in ricambio un’epigrafe a te dedicata, e cui trascrivo dalle mie inedite Epigrafi Italiane, che quanto prima, se a Dio piacerà, vedranno la luce". Questo il testo dell'epigrafe che venne pubblicato soltanto nel 1878:

LUIGI LACCETTI
NEI BUONI STUDI EDUCATO
IN PROSA ED IN VERSO
PIENO DELLA SAPIENZA DI VINCENZO MONTI
DIGNITOSO FERVIDO SCRITTORE:
IL DOLCE AFFETTO DI MARITO E PADRE

LUNGI DEH! NON LO RITRAGGA

DALLA GLORIOSA VIA

Nel 1857, per lo Stabilimento Tipografico Vico de' SS. Filippo e Giacomo, pubblicò il carme "Alla memoria di Francesco Romani", in onore dell'eminente medico vastese noto soprattutto per aver introdotto la medicina omeopatica in Italia. Ecco alcuni passi:
…Ed io soltanto non deposi un fiore
Su la tua tomba, o fratel mio; né al serte,
Onde, la patria t’onorava, aggiunsi
Quel che fosse una fronda il dì, che, mesta
Per la tua dipartita, in vario modo
Ai presenti non men che agli avvenire
D’animo grato e reverente i senso
Venia testificando! …Oh mi perdona,
Ombra onorata, e men dogliosa in valto
A me ti mostra allor che visione
Pietosa scendi a consolare i sogni
De le mie notti. Se al funebre rito,
Cui fean le Muse più solenne, io stessi
Taciturno in disparte, di maligno
Petto non fu consiglio: un duol profondo
Allor premeva al tuo diletto il cuor,
E tanto inacerbiva, che la vena
Del canto inaridiva…

Cinque anni più tardi, nel febbraio del 1862, pubblicò i versi dedicati "A Michelangelo Calabrese in morte della sua dilettissima sposa Maria De Benedictis", mentre nel 1867, per i tipi E. Rocco di Napoli, licenziò "Saggio di Poesie", contenente una lunga e ragionata lettera al figlio Francesco, le poesie già pubblicate in precedenza più altre nuove, tra cui la bella "Ad Istonio", un vero inno d'amore alla propria città. Ecco un breve assaggio:

Sei bella, o patria mia! Da la pupilla
Di Dio sorrisa, chi può dir di quanta
Rigogliosa freschezza
Ogni dì più non si rinfranca e brilla
Il fior di tua perenne giovinezza?
Di cristallino fonti, e di gentile
Verzura sempre lieti
Sono i tuoi poggi, e a gli aliti nudrito
Dei zeffiri vaganti,
Tra un mar di luce aprile
Soavemente infiora i tuoi roseti.
Più che altrove di vivido vermiglio
Sotto il tuo cielo imporpora la vite:
Non ti sdegna l’arancio, e redimite
Hai le colline di virenti ulivi.
 (...)
Terra del canto, terra de l’amore,
In cui s’alza sovrano
De l’arti il Genio; non sarà che al muto
Avello io scenda, senza
Che un fervido saluto
Di conoscente affetto
A te tramandi da l’interno petto.

Prematuramente scomparso all'età di cinquantasette anni, subito dopo la pubblicazione di "Saggio di poesie", Luigi Laccetti venne sepolto nella tomba di famiglia all'interno del cimitero comunale.
Sulla lapide collocata all'interno della cappella capeggiava la seguente epigrafe:

DA DUE GIOVANI FIGLI PRECORSO

QUI CON ESSI RIPOSA

LUIGI LACCETTI

DA VASTO
EDUCATORE – UMANISTA – POETA
CHE NELLA VITA ESEMPLARE
NULLA ANTEPOSE ALL’AMORE
DELLA TERRA NATIA
MDCCCX – MDCCCLXVII

Quasi quarant'anni dopo, per iniziativa del figlio Francesco, venne eretto un ricordo marmoreo con la realizzazione di un busto bronzeo.
In una lettera pubblicata sulle colonne dell'Istonio, l'illustre medico vastese così annunciò l'iniziativa: "Fra pochi giorni mi recherò costà a sciogliere un antico voto del mio cuore di figlio riconoscente, ponendo sulla tomba del mio venerato genitore un modesto ricordo. Compiuto nel silenzio questo santo dovere, il mio affetto filiale ne sarebbe già pago; ma non so tacervi che - in quell'ora solenne - sarebbe grande la soddisfazione dell'animo mio, se potessi vedermi circondato da quanti fra i miei concittadini si sentono legati alla memoria del caro estinto da vincoli affettuosi. Mi rivolgo quindi a voi perché vogliate cortesemente farvi eco di questo mio pensiero presso tutti loro indistintamente, non comportando la natura stessa della cerimonia e la sua forma spoglia di ogni carattere ufficiale, che io mi rivolga a ciascuno con formale invito. Così la memoria del cittadino che non conobbe limiti nel culto devoto del paese natio sarebbe onorata con la semplicità da me vagheggiata e con quella sincerità e spontaneità di sentimento ch'Egli predilesse sopra ogni cosa".
La mattina di giovedì 26 ottobre, per iniziativa della Confraternita del Gonfalone venne celebrata una funzione religiosa, all'interno della chiesa di S. Maria Maggiore. In mezzo alla navata centrale venne eretto un tumulo, coperto da ricca coltre di velluto nero ricamato in oro e seta. Per l'occasione presenziò anche l'intero Capitolo della Cattedrale.
Alle 10 del mattino si svolse la cerimonia presso il cimitero, con la partecipazione del sindaco Nasci e della Giunta municipale, l'on. Francesco Ciccarone e molte altre autorità civili e militari; presenti anche una rappresentanze delle scolaresche, diverse associazioni, tra le quali il Tiro a segno, la Società Operaia, il Circolo S. Filippo Neri, la Stella Azzurra e l'Unione democratico-cristiana S. Giuseppe, e la famiglia dell'illustre vastese: il prof. Francesco Laccetti, con i figli Carlo e Guido.
Il busto in bronzo, realizzato dagli artisti Jolla e Nasti di Napoli, riproduce realisticamente le sembianze del Laccetti, ricavato dal ritratto ad olio realizzato dal nipote, l'illustre  pittore vastese Valerico Laccetti. Il basamento marmoreo, a forma piramidale tronca, presenta sul davanti la dedica, scolpita a caratteri d'oro, fregiato d'un ramo di lauro in bronzo con bacche d'orate.
Diversi i discorsi pronunciati per l'occasione, da parte dell'avv. Giuseppe Marcone, a nome del comitato sorto spontaneamente dopo la lettera pubblicata sull'Istonio, del prof. Francesco Di Rosso, del sacerdote don Filippo Benedetti, rappresentante del Circolo S. Filippo Neri, e del giovane studente Roberto Roberti.
"Si ritiene generalmente che solo gli eccelsi debbano sopravvivere nella memoria degli uomini", ricordò l'avv. Marcone nel suo intervento, " invece a buon dritto sopravvivono solo i sinceri; ossia quelli che, accostandosi trepidanti alle essenze della vita, sanno disinteressatamente interrogarle, professarle, renderne duraturo lo acquisto… Or se vi fu uomo che, considerato a tale stregua, meritasse di rimanere nella memoria e nella riconoscenza dei suoi concittadini, fu appunto Questi del quale vedete scolpita nel bronzo l'aperta e nobile effigie; perché nei limiti della missione prefissasi, Egli senza riserve tutto se stesso ha dato; ha dato ai nostri fratelli, ai nostri genitori, a quelli che furono i nostri maestri: ha dato la sua attività, il suo ingegno, l'austerità del suo verso, l'esempio della sua vita".
Il busto, la lapide e la maiolica con il testo dell'epigrafe del Barbarotta, sono ancora oggi visibili all'interno della cappella del Cimitero e tramandano alle future generazioni il ricordo di un grande uomo, un grande educatore.

Lino Spadaccini
















    



Nessun commento: