venerdì 31 luglio 2015

I bronzi di Riace ripescati al largo di Vasto?

di LINO SPADACCINI

Trent'anni fa, nel marzo del 1985, sul settimanale illustrato Domenica del Corriere, apparve un articolo a firma di Ester Marconi, dove si affermava che i bronzi di Riace furono ripescati al largo di Vasto e non in Calabria. 

Una notizia sorprendente che all'epoca diede il via ad un acceso dibattito sulle tesi presentate dalla giornalista, supportata da quelle del Prof. Francaviglia del CNR e di esperti d’arte, come il Prof. Federico Zeri.

La storia. I Bronzi di Riace furono scoperti
il 16 agosto 1972, nel tratto di mar Jonio antistante il comune di Riace Marina, da Stefano Mariottini, un appassionato subacqueo in vacanza in Calabria, durante un'immersione a circa 300 metri dalla costa ed alla profondità di 8 metri.  Durante l'immersione Mariottini vide affiorare dalla sabbia il braccio sinistro di una statua, che poi sarebbe stata denominata statua A. Dopo la denuncia telefonica effettuata alle ore 21 dello stesso giorno, l'indomani Mariottini depositò la denuncia ufficiale presso la Soprintendenza alle antichità della Calabria, in cui dichiarò "…di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, Km 130 circa sulla SS Nazionale Jonica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l'una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto l'altra. L'altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all'incirca di 180 cm.".

Il recupero venne curato dalla Soprintendenza con la collaborazione del Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Messina. Per sollevare le due statue venne utilizzato un pallone gonfiato con l'aria delle bombole. Così il 21 agosto venne recuperata la statua B, ed il giorno successivo la statua A.
Durante i primi interventi di pulitura dalle concrezioni marine, eseguiti dai restauratori del Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, apparve evidente la straordinaria fattura delle due statue risalenti, secondo una prima ipotesi, al V secolo a.C.

A causa dei limitati mezzi tecnici, le statue furono trasferite a Firenze per un accurato intervento di pulitura, oltre ad un'attenta analisi radiografica necessaria per conoscere la struttura interna, lo stato di conservazione e lo spessore del metallo. Le indagini portarono ad interessanti scoperte: il braccio destro della statua B e l'avambraccio sinistro su cui era saldato lo scudo, risultarono di una fusione diversa dal resto della statua, furono infatti saldati in epoca successiva alla realizzazione della statua in sostituzione delle braccia originali probabilmente per rimediare ad un danneggiamento sopravvenuto quando la statua era già in esposizione. Durante la meticolosa pulizia si scoprirono alcuni particolari per i quali era stato usato materiale differente dal bronzo: argento per i denti della statua A e per le ciglia d'entrambe le statue, avorio e calcare per le sclere, rame per le labbra e le areole dei capezzoli di entrambe le statue. Le operazioni di restauro si conclusero nel dicembre 1980 con l'inaugurazione di una mostra presso il Museo Archeologico di Firenze. Dopo una successiva mostra a Roma, i Bronzi tornarono definitivamente a Reggio Calabria.
Sin dalla scoperta, i Bronzi di Riace sono stati circondati da un alone di mistero.
In particolare, qualche anno fa venne ipotizzato che i Bronzi forse fossero tre. L'ipotesi è legata alle scoperte di un ricercatore di Vibo, Giuseppe Braghò, secondo il quale mancavano vari reperti che erano con i bronzi; inoltre, una foto inedita mostrerebbe la presenza di una statua diversa da quelle che conosciamo, totalmente irriconoscibile per le incrostazioni, mentre il Mariottini aveva sempre dichiarato che le statue "si conservavano perfettamente, modellato pulito". Del terzo bronzo si era sempre parlato senza però poterne dimostrare l'esistenza. Così come furono ipotizzata la trafugazione e la vendita di uno scudo e di una lancia al Getty Museum. Tesi rigettata con forza dal prestigioso museo statunitense e tra l'altro mai provata.

Per quanto riguarda il ritrovamento, in realtà sembra che siano stati quattro ragazzi di Riace a scorgere per primi i Bronzi, ma denunciarono la scoperta, fatta nel tardo pomeriggio del 16 agosto 1972, presso la Guardia di Finanza di Monasterace, soltanto il giorno dopo. Ci fu anche una causa tra le parti, vinta da Stefano Mariottini, in quanto secondo la Corte giudicante, segnalò per primo il ritrovamento, la sera stessa, tramite telefonata.

Ma i Bronzi nascondono ancora molte domande senza risposte, come ad esempio la provenienza, dove erano diretti e quando finirono in mare.


Facciamo un salto temporale di qualche anno e passiamo al marzo del 1985. Sulla Domenica del Corriere (n. 9 del 2 marzo), settimanale del Corriere della Sera, venne pubblicato un lungo servizio in esclusiva, a firma di Ester Marconi, dal titolo "Bronzi senza patria". Il servizio, molto curato e dettagliato, mise in discussione la provenienza dei Bronzi e l'esatto luogo del ritrovamento, soprattutto grazie alle nuove ricerche portate avanti dai tecnici del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), i quali, nell'analizzare la terra ritrovata all'interno delle due statue, e servita per la loro fusione, avrebbero accertato una diversa composizione chimica rispetto a quella dei luoghi fino a quel momento ipotizzati, ovvero Delfi e Olimpia. 
Da qui l'ipotesi che le due statue sarebbero state rinvenute in altro luogo diverso da quello che collega le coste della Calabria dalla Grecia. Sin dall'inizio apparve strano il ritrovamento dei Bronzi a soli 300 metri dalla costa ad una profondità modesta, tra i 3 ed i 6 metri. 
All'inizio si formularono due ipotesi: che le statue potessero essere parte di carico di un'imbarcazione naufragata nel golfo di Riace, oppure che una nave in difficoltà le avesse buttate in mare.
Piero Alfredo Gianfrotta, ricercatore presso l'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma, uno dei maggiori esperti di archeologia subacquea, non giudicò plausibili queste due ipotesi: "Le ipotesi del naufragio", affermò lo studioso, "avrebbe un senso se si fosse rinvenuto anche il relitto o perlomeno qualche altro reperto significativo. Nel nostro caso, le scarse ricognizioni effettuate nella zona non hanno avuto alcun esito. Anche l'ipotesi di uno scarico in mare è piuttosto labile. Basta solo rammentare la giacitura delle statue al loro ritrovamento. Una era supina, l'altra prona e comunque le separava una distanza minima, inferiore a mezzo metro: sfiderei chiunque a buttare in mare, in movimento, dei pezzi così pesanti e a ritrovarli in perfetta posizione di carico".
Sandro Picozzi, altro esperto del settore, oltre a condividere le tesi di Alfredo Gianfrotta, aggiunse alcune considerazioni molto interessanti: "In taluni ambienti circolano infatti indiscrezioni che gettano una luce ambigua sull'intera vicenda. Sembra che una settimana prima del ritrovamento dei bronzi in Calabria, due pescherecci di Riace si trovassero a pescare nell'Adriatico, davanti all'Abruzzo. E che uno di essi, in prossimità di Vasto, abbia intrappolato per caso, tra le sue reti, i due splendidi esemplari antichi. A questo punto, dopo aver sbarcato un marittimo, sembra un parente di Stefano Mariottini), le due unità sarebbero rientrate a Riace recando al traino le statue".
Tesi condivisa anche dal Prof. Federico Zeri, uno dei maggiori esperti d'arte del mondo, il quale ricordò che "la zona intorno a Fano è nota da secoli come il luogo del diavolo. La chiamavano così i pescatori perché ogni volta che vi gettavano le reti in quel tratto di mare, le ritiravano su vuote e strappate. La ragione poi non era così diabolica come si riteneva in passato. In quelle acque è infatti colata a picco una imbarcazione con un grande carico di statue, forse partita da Ravenna e diretta a Costantinopoli. Questa nave è ancora lì sott'acqua. In Italia si preferisce abbandonare il patrimonio artistico ai saccheggiatori e ai trafficanti. Un altro stupendo esemplare greco, L'atleta di Lisippo, lo abbiamo perduto così. Pescato proprio dalle parti di Fano, è ora in California".

La notizie dei Bronzi cominciò a circolare negli ambienti vastesi. La stampa diede ampio risalto alla vicenda. "Il giallo dei Bronzi di Riace si infittisce sempre di più", si leggeva sul quotidiano Il Tempo, nella pagina locale, del 20 marzo 1985, "Il dubbio sollevato dallo speciale della Domenica del Corriere e da noi ripreso nei giorni scorsi ha avuto un effetto dirompente. A Vasto nei bar, nei locali pubblici, per le strade e nelle abitazioni non si parla d'altro: i Bronzi sono stati ripescati veramente a Riace o davvero, come sostiene il settimanale milanese, dinanzi alla costa vastese? L'interrogativo turba non poco quanti si occupano di turismo e vedono nelle nuove rivelazioni l'occasione d'oro sfuggita ad un settore così importante per l'economia locale che con i Bronzi dentro casa, avrebbe definitivamente spiccato il tanto agognato salto di qualità". Nello stesso articolo venne ricordata la testimonianza di un signore che ricordava che nell'estate del 1972 nelle acque di Vasto, per diversi giorni, operarono due tonnare provenienti dal Sud. I due scafi molto grandi e molto potenti, con motori da 500 cavalli ciascuno, operarono con reti lunghissime anche di oltre un chilometro. Le due imbarcazioni facevano scalo al porto di Punta Penna e, dopo aver pescato molti tonni nelle nostre acque (fatto insolito ma non nuovo), ad un certo punto sparirono.
Oltre alle pagine locali dei quotidiani nazionali, si occuparono della vicenda anche i periodici locali, come Il Nuovo, con interventi di Gianni Quagliarella, Luigi Murolo e Giuseppe Forte.
Lo stesso Forte, che all'epoca si appassionò molto alla vicenda, riuscì, senza non pochi problemi, a contattare la giornalista Ester Marconi ed il fotografo Mario Pelosi, ed a portarli a Vasto per partecipare ad una trasmissione televisiva. Nel dibattito, a cui partecipò anche l'ing. Michele Benedetti, Ispettore onorario dei Beni Ambientali dell’Abruzzo, si cercò di ricostruire tutta la storia dei bronzi di Riace. "Una storia fatta anche di gialli", ricordava in un articolo lo stesso Giuseppe Forte, "di minacce, di azioni e comportamenti un po' strani che contrassegnarono la fase di ricerca avviata dalla giornalista in Calabria. In sostanza si ebbe netta la sensazione che ai calabresi sarebbe risultato un oltraggio togliere la paternità dei bronzi". 
Sulla Domenica del Corriere del 4 maggio dello stesso anno, la giornalista Ester Marconi tornò nuovamente sulla vicenda riportando le dichiarazione dell'allora sindaco, Antonio Prospero,  dell'ing. Michele Benedetti e del comandante della Capitaneria di Porto di Punta Penna, Ippolito Primiano . "Vogliamo andare fino in fondo a questa storia", dichiarò il primo cittadino di Vasto, "e, mi creda, non per futili motivi campanilistici ma per dare il nostro contributo al chiarimento di una vicenda ambigua e piena di misteri. Desideriamo conoscere la verità sul ritrovamento dei Bronzi. Certo, ci rendiamo conto delle difficoltà dell'impresa. Sono passati tredici anni dalla fatidica scoperta nelle acque di Riace; un tempo sufficiente per dimenticare molte cose". La giornalista dopo aver ricordato la leggenda della città sommersa a sei chilometri dalla costa, tornò nuovamente sulle tonnare avvistate nelle acque vastesi all'epoca del ritrovamento dei Bronzi. 
"Ricordo il '72 per un passaggio eccezionale di tonni", affermò il comandante Ippolito Primiano, dal 1966 in servizio nei vari porti abruzzesi e dal 1982 in quello di Punta Penna, "Questo è il motivo plausibile della loro presenza nell'Adriatico. Certo, dopo aver catturato al traino le due statue, e questa gente di mare sa per esperienza che i reperti archeologici hanno un grande valore, c'è da ritenere che abbiano rinunciato al reddito della pesca per rientrare frettolosamente al porto di provenienza". A questo punto c'è da chiedersi perché abbandonare le statue a 300 metri dalla costa.
"Si dice ci fosse parecchia gente ad attendere le imbarcazioni", si legge nell'articolo della Marconi, "perché pare che l'arrivo anticipato di un componente dell'equipaggio, sbarcato appositamente all'inizio del viaggio di ritorno e quindi giunto in paese via terra, avesse fatto trapelare la notizia dell'eccezionale ritrovamento. E poi nel timore che la confusione richiamasse i carabinieri sembra si sia deciso all'ultimo momento di occultare le due statue in un posto facilmente rintracciabile".

La vicenda andò a finire anche in Parlamento, con l'interrogazione dell'on. Massimo Sospiri del MSI, il quale rivendicò con forza la provenienza dei Bronzi. "In pratica", si legge in un articolo a firma di Filippo Veltri sul quotidiano l'Unità del 24 luglio 1985, "dice l'on. Sospiri, non è vero che questi famosi super-guerrieri siano stati ritrovati nel mar Jonio dalle parti di Riace, la cittadina calabrese sulla costa jonica reggina. Esiste - secondo il deputato abruzzese - addirittura uno studio del Cnr secondo cui i Bronzi furono ritrovati dinanzi il Porto di Punta Penna a Vasto, in provincia di Chieti. Niente di vero perciò su quelle storie che il sub romano Stefano Mariottini ha raccontato circa quelle memorabili giornate dell'agosto 1972, quando, in caccia di pesce nell'azzurro mar Jonio dinanzi a Riace, s'è trovato di fronte le due statue. Niente di vero - sembra dire il Sospiri - sul fatto che il 26 agosto di tredici anni fa i due guerrieri furono portati a secco sulla spiaggia di Riace. I Bronzi appartengono all'Abruzzo".

A rispondere al deputato abruzzese, attraverso le colonne del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, fu Elena Lattanzi, della Sovrintendenza dei Beni Archeologici della Calabria, la quale senza mezzi termini affermò: "Sono tutte stupidaggini. Non c'è niente di vero, parole in libertà. Non capisco proprio come questa storia sia potuta nascere. A meno che non si voglia mettere insieme il ritrovamento effettuato a Fano di un Bronzo attribuito a Lisippo che attualmente si trova nel Museo Getty in California con quello dei due Bronzi. Ma è un'ipotesi che non regge minimamente".
Passata l'euforia iniziale, tutta la vicenda cadde nel dimenticatoio.
L'assenza di ulteriori approfondimenti e soprattutto la mancanza di prove certe, su base scientifica, fanno sì che di tutta questa vicenda oggi non rimane che un flebile ricordo, di tanto in tanto citato in qualche articolo o pubblicazione, tra chi porta avanti l'idea dell'ennesima leggenda vastese e chi invece continua a sostenere che forse i Bronzi siano stati ritrovati proprio al largo di Vasto.

Lino Spadaccini













2 commenti:

Mario Miguel Moretta ha detto...


L'ipotesi della origine vastese dei bronzi troverà facile occasione di conferma con il futuro ( tutt'altro che remoto) ritrovamento di reperti coevi ed affini ad essi , al largo della costa vastese.

Umberto Nasuti ha detto...

il 6 agosto 2022 una àncora litica , presumibilmente dello stesso periodo storico dei due bronzi è stata ritrovata nel mare di Vasto, tra Punta Aderci e Punta Penna.