di LINO SPADACCINI
Trent'anni
fa, nel marzo del 1985, sul settimanale illustrato Domenica del Corriere, apparve un articolo a firma di Ester
Marconi, dove si affermava che i bronzi di Riace furono ripescati al largo di
Vasto e non in Calabria.
Una notizia sorprendente che all'epoca diede il via ad
un acceso dibattito sulle tesi presentate dalla giornalista, supportata da
quelle del Prof. Francaviglia del CNR e di esperti d’arte, come il Prof.
Federico Zeri.
La storia. I
Bronzi di Riace furono scoperti
il 16 agosto 1972, nel tratto di mar Jonio
antistante il comune di Riace Marina, da Stefano Mariottini, un appassionato
subacqueo in vacanza in Calabria, durante un'immersione a circa 300 metri dalla
costa ed alla profondità di 8 metri.
Durante l'immersione Mariottini vide affiorare dalla sabbia il braccio
sinistro di una statua, che poi sarebbe stata denominata statua A. Dopo la
denuncia telefonica effettuata alle ore 21 dello stesso giorno, l'indomani
Mariottini depositò la denuncia ufficiale presso la Soprintendenza alle
antichità della Calabria, in cui dichiarò "…di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo
di pesca, in località Riace, Km 130 circa sulla SS Nazionale Jonica, alla
distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa,
un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano
delle figure maschili nude, l'una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di
barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto
l'altra. L'altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e
presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro
salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito,
privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all'incirca di 180 cm.".
Il
recupero venne curato dalla Soprintendenza con la collaborazione del Nucleo
Sommozzatori dei Carabinieri di Messina. Per sollevare le due statue venne
utilizzato un pallone gonfiato con l'aria delle bombole. Così il 21 agosto
venne recuperata la statua B, ed il giorno successivo la statua A.
Durante
i primi interventi di pulitura dalle concrezioni marine, eseguiti dai
restauratori del Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, apparve
evidente la straordinaria fattura delle due statue risalenti, secondo una prima
ipotesi, al V secolo a.C.
A causa dei limitati mezzi tecnici, le statue furono trasferite a Firenze
per un accurato intervento di pulitura, oltre ad un'attenta analisi
radiografica necessaria per conoscere la struttura interna, lo stato di
conservazione e lo spessore del metallo. Le indagini portarono ad interessanti
scoperte: il braccio destro della statua B e l'avambraccio sinistro su cui era
saldato lo scudo, risultarono di una fusione diversa dal resto della statua,
furono infatti saldati in epoca successiva alla realizzazione della statua in
sostituzione delle braccia originali probabilmente per rimediare ad un
danneggiamento sopravvenuto quando la statua era già in esposizione. Durante la
meticolosa pulizia si scoprirono alcuni particolari per i quali era stato usato
materiale differente dal bronzo: argento per i denti della statua A e per le
ciglia d'entrambe le statue, avorio e calcare per le sclere, rame per le labbra
e le areole dei capezzoli di entrambe le statue. Le operazioni di restauro si
conclusero nel dicembre 1980 con l'inaugurazione di una mostra presso il Museo
Archeologico di Firenze. Dopo una successiva mostra a Roma, i Bronzi tornarono
definitivamente a Reggio Calabria.
Sin dalla scoperta, i Bronzi di Riace sono stati circondati da un alone di
mistero.
In particolare, qualche anno fa venne ipotizzato che i Bronzi forse fossero
tre. L'ipotesi è legata alle scoperte di un ricercatore di Vibo, Giuseppe
Braghò, secondo il quale mancavano vari reperti che erano con i bronzi;
inoltre, una foto inedita mostrerebbe la presenza di una statua diversa da
quelle che conosciamo, totalmente irriconoscibile per le incrostazioni, mentre
il Mariottini aveva sempre dichiarato che le statue "si conservavano perfettamente, modellato pulito". Del terzo
bronzo si era sempre parlato senza però poterne dimostrare l'esistenza. Così
come furono ipotizzata la trafugazione e la vendita di uno scudo e di una
lancia al Getty Museum. Tesi rigettata con forza dal prestigioso museo
statunitense e tra l'altro mai provata.
Per quanto riguarda il ritrovamento, in realtà sembra che siano stati quattro
ragazzi di Riace a scorgere per primi i Bronzi, ma denunciarono la scoperta,
fatta nel tardo pomeriggio del 16 agosto 1972, presso la Guardia di Finanza di
Monasterace, soltanto il giorno dopo. Ci fu anche una causa tra le parti, vinta
da Stefano Mariottini, in quanto secondo la Corte giudicante, segnalò per primo
il ritrovamento, la sera stessa, tramite telefonata.
Ma i Bronzi nascondono ancora molte domande senza
risposte, come ad esempio la provenienza, dove erano diretti e quando finirono
in mare.
Facciamo
un salto temporale di qualche anno e passiamo al marzo del 1985. Sulla Domenica del Corriere (n. 9 del 2
marzo), settimanale del Corriere della
Sera, venne pubblicato un lungo servizio in esclusiva, a firma di Ester
Marconi, dal titolo "Bronzi senza
patria". Il servizio, molto curato e dettagliato, mise in discussione
la provenienza dei Bronzi e l'esatto luogo del ritrovamento, soprattutto grazie
alle nuove ricerche portate avanti dai tecnici del CNR (Consiglio Nazionale
delle Ricerche), i quali, nell'analizzare la terra ritrovata all'interno delle
due statue, e servita per la loro fusione, avrebbero accertato una diversa
composizione chimica rispetto a quella dei luoghi fino a quel momento
ipotizzati, ovvero Delfi e Olimpia.
Da
qui l'ipotesi che le due statue sarebbero state rinvenute in altro luogo
diverso da quello che collega le coste della Calabria dalla Grecia. Sin
dall'inizio apparve strano il ritrovamento dei Bronzi a soli 300 metri dalla
costa ad una profondità modesta, tra i 3 ed i 6 metri.
All'inizio si
formularono due ipotesi: che le statue potessero essere parte di carico di
un'imbarcazione naufragata nel golfo di Riace, oppure che una nave in
difficoltà le avesse buttate in mare.
Piero
Alfredo Gianfrotta, ricercatore presso l'Istituto di topografia antica
dell'Università di Roma, uno dei maggiori esperti di archeologia subacquea, non
giudicò plausibili queste due ipotesi: "Le ipotesi del naufragio", affermò lo studioso, "avrebbe un senso se si fosse
rinvenuto anche il relitto o perlomeno qualche altro reperto significativo. Nel
nostro caso, le scarse ricognizioni effettuate nella zona non hanno avuto alcun
esito. Anche l'ipotesi di uno scarico in mare è piuttosto labile. Basta solo
rammentare la giacitura delle statue al loro ritrovamento. Una era supina,
l'altra prona e comunque le separava una distanza minima, inferiore a mezzo
metro: sfiderei chiunque a buttare in mare, in movimento, dei pezzi così
pesanti e a ritrovarli in perfetta posizione di carico".
Sandro
Picozzi, altro esperto del settore, oltre a condividere le tesi di Alfredo
Gianfrotta, aggiunse alcune considerazioni molto interessanti: "In taluni ambienti circolano infatti
indiscrezioni che gettano una luce ambigua sull'intera vicenda. Sembra che una
settimana prima del ritrovamento dei bronzi in Calabria, due pescherecci di
Riace si trovassero a pescare nell'Adriatico, davanti all'Abruzzo. E che uno di
essi, in prossimità di Vasto, abbia intrappolato per caso, tra le sue reti, i
due splendidi esemplari antichi. A questo punto, dopo aver sbarcato un
marittimo, sembra un parente di Stefano Mariottini), le due unità sarebbero
rientrate a Riace recando al traino le statue".
Tesi
condivisa anche dal Prof. Federico Zeri, uno dei maggiori esperti d'arte del
mondo, il quale ricordò che "la zona
intorno a Fano è nota da secoli come il luogo del diavolo. La chiamavano così i
pescatori perché ogni volta che vi gettavano le reti in quel tratto di mare, le
ritiravano su vuote e strappate. La ragione poi non era così diabolica come si
riteneva in passato. In quelle acque è infatti colata a picco una imbarcazione
con un grande carico di statue, forse partita da Ravenna e diretta a
Costantinopoli. Questa nave è ancora lì sott'acqua. In Italia si preferisce
abbandonare il patrimonio artistico ai saccheggiatori e ai trafficanti. Un
altro stupendo esemplare greco, L'atleta di Lisippo, lo abbiamo perduto così.
Pescato proprio dalle parti di Fano, è ora in California".
La
notizie dei Bronzi cominciò a circolare negli ambienti vastesi. La stampa diede
ampio risalto alla vicenda. "Il
giallo dei Bronzi di Riace si infittisce sempre di più", si leggeva
sul quotidiano Il Tempo, nella pagina
locale, del 20 marzo 1985, "Il
dubbio sollevato dallo speciale della Domenica del Corriere e da noi ripreso
nei giorni scorsi ha avuto un effetto dirompente. A Vasto nei bar, nei locali
pubblici, per le strade e nelle abitazioni non si parla d'altro: i Bronzi sono
stati ripescati veramente a Riace o davvero, come sostiene il settimanale
milanese, dinanzi alla costa vastese? L'interrogativo turba non poco quanti si
occupano di turismo e vedono nelle nuove rivelazioni l'occasione d'oro sfuggita
ad un settore così importante per l'economia locale che con i Bronzi dentro
casa, avrebbe definitivamente spiccato il tanto agognato salto di qualità".
Nello stesso articolo venne ricordata la testimonianza di un signore che
ricordava che nell'estate del 1972 nelle acque di Vasto, per diversi giorni,
operarono due tonnare provenienti dal Sud. I due scafi molto grandi e molto
potenti, con motori da 500 cavalli ciascuno, operarono con reti lunghissime
anche di oltre un chilometro. Le due imbarcazioni facevano scalo al porto di
Punta Penna e, dopo aver pescato molti tonni nelle nostre acque (fatto insolito
ma non nuovo), ad un certo punto sparirono.
Oltre
alle pagine locali dei quotidiani nazionali, si occuparono della vicenda anche
i periodici locali, come Il Nuovo,
con interventi di Gianni Quagliarella, Luigi Murolo e Giuseppe Forte.
Lo stesso
Forte, che all'epoca si appassionò molto alla vicenda, riuscì, senza non pochi
problemi, a contattare la giornalista Ester Marconi ed il fotografo Mario
Pelosi, ed a portarli a Vasto per partecipare ad una trasmissione televisiva.
Nel dibattito, a cui partecipò anche l'ing. Michele Benedetti, Ispettore
onorario dei Beni Ambientali dell’Abruzzo, si cercò di ricostruire tutta la
storia dei bronzi di Riace. "Una
storia fatta anche di gialli", ricordava in un articolo lo stesso
Giuseppe Forte, "di minacce, di
azioni e comportamenti un po' strani che contrassegnarono la fase di ricerca
avviata dalla giornalista in Calabria. In sostanza si ebbe netta la sensazione
che ai calabresi sarebbe risultato un oltraggio togliere la paternità dei
bronzi".
Sulla
Domenica del Corriere del 4 maggio
dello stesso anno, la giornalista Ester Marconi tornò nuovamente sulla vicenda
riportando le dichiarazione dell'allora sindaco, Antonio Prospero, dell'ing. Michele Benedetti e del comandante
della Capitaneria di Porto di Punta Penna, Ippolito Primiano . "Vogliamo andare fino in fondo a questa
storia", dichiarò il primo cittadino di Vasto, "e, mi creda, non per futili motivi
campanilistici ma per dare il nostro contributo al chiarimento di una vicenda
ambigua e piena di misteri. Desideriamo conoscere la verità sul ritrovamento
dei Bronzi. Certo, ci rendiamo conto delle difficoltà dell'impresa. Sono
passati tredici anni dalla fatidica scoperta nelle acque di Riace; un tempo
sufficiente per dimenticare molte cose". La giornalista dopo aver
ricordato la leggenda della città sommersa a sei chilometri dalla costa, tornò
nuovamente sulle tonnare avvistate nelle acque vastesi all'epoca del
ritrovamento dei Bronzi.
"Ricordo il
'72 per un passaggio eccezionale di tonni", affermò il comandante
Ippolito Primiano, dal 1966 in servizio nei vari porti abruzzesi e dal 1982 in
quello di Punta Penna, "Questo è il
motivo plausibile della loro presenza nell'Adriatico. Certo, dopo aver
catturato al traino le due statue, e questa gente di mare sa per esperienza che
i reperti archeologici hanno un grande valore, c'è da ritenere che abbiano
rinunciato al reddito della pesca per rientrare frettolosamente al porto di
provenienza". A questo punto c'è da chiedersi perché abbandonare le
statue a 300 metri dalla costa.
"Si
dice ci fosse parecchia gente ad attendere le imbarcazioni", si legge
nell'articolo della Marconi, "perché
pare che l'arrivo anticipato di un componente dell'equipaggio, sbarcato
appositamente all'inizio del viaggio di ritorno e quindi giunto in paese via
terra, avesse fatto trapelare la notizia dell'eccezionale ritrovamento. E poi
nel timore che la confusione richiamasse i carabinieri sembra si sia deciso
all'ultimo momento di occultare le due statue in un posto facilmente
rintracciabile".
La
vicenda andò a finire anche in Parlamento, con l'interrogazione dell'on.
Massimo Sospiri del MSI, il quale rivendicò con forza la provenienza dei
Bronzi. "In pratica", si
legge in un articolo a firma di Filippo Veltri sul quotidiano l'Unità del 24 luglio 1985, "dice l'on. Sospiri, non è vero che questi
famosi super-guerrieri siano stati ritrovati nel mar Jonio dalle parti di
Riace, la cittadina calabrese sulla costa jonica reggina. Esiste - secondo il
deputato abruzzese - addirittura uno studio del Cnr secondo cui i Bronzi furono
ritrovati dinanzi il Porto di Punta Penna a Vasto, in provincia di Chieti.
Niente di vero perciò su quelle storie che il sub romano Stefano Mariottini ha
raccontato circa quelle memorabili giornate dell'agosto 1972, quando, in caccia
di pesce nell'azzurro mar Jonio dinanzi a Riace, s'è trovato di fronte le due
statue. Niente di vero - sembra dire il Sospiri - sul fatto che il 26 agosto di
tredici anni fa i due guerrieri furono portati a secco sulla spiaggia di Riace.
I Bronzi appartengono all'Abruzzo".
A
rispondere al deputato abruzzese, attraverso le colonne del quotidiano fondato
da Antonio Gramsci, fu Elena Lattanzi, della Sovrintendenza dei Beni
Archeologici della Calabria, la quale senza mezzi termini affermò: "Sono tutte stupidaggini. Non c'è niente di
vero, parole in libertà. Non capisco proprio come questa storia sia potuta
nascere. A meno che non si voglia mettere insieme il ritrovamento effettuato a
Fano di un Bronzo attribuito a Lisippo che attualmente si trova nel Museo Getty
in California con quello dei due Bronzi. Ma è un'ipotesi che non regge
minimamente".
Passata
l'euforia iniziale, tutta la vicenda cadde nel dimenticatoio.
L'assenza
di ulteriori approfondimenti e soprattutto la mancanza di prove certe, su base
scientifica, fanno sì che di tutta questa vicenda oggi non rimane che un
flebile ricordo, di tanto in tanto citato in qualche articolo o pubblicazione,
tra chi porta avanti l'idea dell'ennesima leggenda vastese e chi invece
continua a sostenere che forse i Bronzi siano stati ritrovati proprio al largo
di Vasto.
Lino
Spadaccini
2 commenti:
L'ipotesi della origine vastese dei bronzi troverà facile occasione di conferma con il futuro ( tutt'altro che remoto) ritrovamento di reperti coevi ed affini ad essi , al largo della costa vastese.
il 6 agosto 2022 una àncora litica , presumibilmente dello stesso periodo storico dei due bronzi è stata ritrovata nel mare di Vasto, tra Punta Aderci e Punta Penna.
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