Da ottobre il prof rientra in Italia, insegnerà Economia Applicata all'Università G. D'Annunzio
Dopo i successi di critica e di pubblico del suo Perché il Sud è rimasto indietro, l’economista Emanuele Felice, di origini vastesi, da un paio di mesi sta sbancando nelle librerie con un altro suo recente libro, forse ancora più impegnativo del precedente, Ascesa e declino. Storia economica d’Italia, edito sempre dal Il Mulino di Bologna.
Una lusinghiera recensione gli ha dedicato, per cominciare, Michele Salvati su «La Lettura», inserto letterario del «Corriere della Sera» (31 maggio 2015), il quale così esordisce: «Il saggio di Emanuele Felice […] è un libro che qualsiasi italiano preoccupato per il destino del suo Paese dovrebbe avere nella sua biblioteca, per quanto piccola. Ed è un libro che chi governa oggi l’Italia dovrebbe studiare a fondo per capire le difficoltà del compito che si è assunto».
Ma poi sempre sul «Corriere della Sera» (22 luglio 2015), addirittura in prima pagina, il libro di Felice ha meritato l’incipit di un articolo di Sabino Cassese sul presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Matteo Renzi: Principe o Leviatano? Termina con questa domanda un bel libro recente di Emanuele Felice sull’ascesa e il declino dell’Italia».
Ancora Cassese, noto grande giurista e costituzionalista – tra l’altro anche candidato alla presidenza della Repubblica - ne ha scritto poi una dettagliata recensione su «Il Sole 24 Ore» di domenica 26 luglio, dove tra l’altro si legge di «uno splendido libro, denso e ben scritto».
"Nel giro di un secolo, l’Italia,
da semi periferia del continente
e da nano economico,
è divenuta una delle maggiori
potenze capitalistiche
del mondo", scrive Cassese. "Tuttavia, questo meccanismo
virtuoso si è inceppato negli ultimi venti anni
ed ora l’Italia è il grande malato
d’Europa.
Questo declino è cominciato prima della crisi
scoppiata nel 2007-2008, riguarda gli ultimi
venti anni. In questo periodo, il paese si è
nuovamente diviso in due, sono aumentate
diseguaglianze e povertà, per anni di istruzione
pro capite è rimasto indietro rispetto a
tutti i principali paesi avanzati, ad eccezione
della Spagna. (…) I fattori del successo e quelli del declino
non vanno cercati nelle risorse naturali,
nelle materie prime, nella tecnologia, ma
nell’impalcatura istituzionale, nell’efficienza
statale, nelle variabili politiche, a cominciare
dalla classe dirigente. Tra i fattori positivi
vanno contate le istituzioni “inclusive”,
tra quelli negativi le istituzioni “estrattive”,
la corruzione, il crimine come impresa, il
malfunzionamento della giustizia. Insomma,
al centro del successo e del declino dell’Italia
sta l’azione delle classi dirigenti e il
ruolo delle istituzioni.
Queste le principali conclusioni di un
splendido libro, denso e ben scritto; che ha
alle sue spalle lunghe ricerche dell’autore
sul lungo periodo"
Il 1° luglio era intanto comparsa una segnalazione su «Il Fatto Quotidiano», che esordisce con queste parole: «è un bel libro quello di Emanuele Felice. Non è solo scritto bene e con gradevole agilità, ma è una bella rassegna della storia economica d’Italia da consigliare a chi parla senza sapere, a chi preferisce le frasi a effetto o le tirate ideologiche».
Una recensione non meno positiva è uscita anche sul settimanale «L’Espresso» (23 luglio 2015) ad opera di Giuseppe Berta, noto storico dell’economia, soprattutto dell’industria settentrionale.
Su «Il Messaggero» del 20 luglio, edizione nazionale, ne ha scritto anche Antonio Galdo in termini molto elogiativi.
Dai giornali regionali apprendiamo peraltro, con piacere, che il giovane Emanuele Felice, dopo anni di insegnamento all’Università autonoma di Barcellona, preceduti da esperienze alla London School of Economics e all’Università di Harvard, dal prossimo anno accademico viene ad insegnare all’Università D’Annunzio di Pescara-Chieti quale docente associato di Economia applicata.
Auguri sinceri a lui e alla sua famiglia.
Nicola d'Adamo
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