mercoledì 3 febbraio 2016

Oggi è San Biagio protettore della gola, in passato grande devozione a Vasto

Oggi 3 febbraio festa di San Biagio, lu Suande Cannarìute.
San Biagio fu medico e vescovo di Sebaste, in Armenia, e martire nel IV secolo presumibilmente sotto l'imperatore Licinio (307-323). Rimane una figura piuttosto misteriosa in quanto la sua vita  si trova per così dire in bilico tra la storia e la leggenda: la documentazione storica è lacunosa, mentre le testimonianze sono numerose.
A causa della sua fede venne imprigionato dai romani. Durante il processo, si rifiutò di rinnegare la fede cristiana e per questo fu straziato i con pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato nel 316.
I fedeli si rivolgono a San Biagio in particolare per le malattie legate alla gola. Si racconta, infatti, che durante una persecuzione contro i cristiani, Biagio venne processato e condannato a morte. Mentre veniva condotto al martirio, una donna gli portò il figlioletto che stava soffocando per una
lisca di pesce che gli si era conficcata in gola. Il Santo Taumaturgo salvò il bambino con la preghiera. Per questo motivo, ancora oggi in molte chiese, durante la S. Messa i sacerdoti benedicono le gole dei fedeli con l'imposizione di due candele incrociate.
San Biagio era molto venerato anche a Vasto, nella chiesa del Convento di S. Spirito, dove sin dal 1573 era presente una cappella e dov’era custodito un osso del Santo. Dalla soppressione del Convento, con real decreto del 13 febbraio 1807, promulgata da Giuseppe Napoleone, la reliquia venne trasferita nella Cattedrale di San Giuseppe.
Come ricordava Espedito Ferrara ne "Il nostro Calendario", a Vasto si usava dire che
Tré ssènde fa pahìure:
Sande Varevìute (Sant’Antonio abate)
Sande Freccìute (San Sebastiano)
Sande Cannarìute (San Biagio)
Questo perché il primo è padrone del fuoco, il secondo della polmonite ed il terzo delle malattie della gola.
Secondo un’antica usanza, il giorno della festività di San Biagio, i giovani regalavano alle loro fidanzate una ciambella chiamata "lu taralle". Tradizione, questa, che ancora oggi continua in molti paese abruzzesi. 

Lino Spadaccini


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